ASINITAS Onlus is a not-for-profit organization founded in 2005. It is active in the field of education and social work. Its mission is to promote the care, education, training, sheltering and testimony of Italian and foreign adults and minors.

Ai tempi del Coronavirus le nostre scuole di italiano resistono… online!

In seguito alla sospensione delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università iniziata il 5 marzo 2020, Asinitas ha deciso di sospendere temporaneamente tutte le attività, i corsi di italiano per migranti e il corso di arabo per bambini, quello di danza e canto bengalese e il corso di italiano per la maternità “Parole di mamma”.

Nella settimana successiva gli insegnanti e gli operatori si sono messi all’opera per recuperare i contatti di tutti gli studenti e trovare un modo per riprendere le attività, ma a distanza, con strumenti e temi che permettessero, almeno in parte, di lavorare restando fedeli alla metodologia utilizzata nelle lezioni in presenza. Si è deciso, quindi, di servirsi principalmente di piattaforme per le videochiamate come Zoom e app di messaggistica istantanea come Whatsapp, di semplice utilizzo o già conosciute dagli studenti.

E così, dopo un momento iniziale di smarrimento, le lezioni sono ricominciate negli stessi giorni e orari in cui si svolgevano abitualmente e il maestro Luca ha descritto benissimo queste prime giornate nell’articolo Diario critico di una scuola a distanza pubblicato sul blog di approfondimento culturale Minima&moralia.
Gli studenti erano entusiasti, ma da subito si sono manifestati problemi legati all’utilizzo della tecnologia. Alcuni di loro non possono usufruire di connessioni ad internet veloci, hanno a disposizione pochi gigabite per la connessione dati e spesso il loro smartphone è obsoleto o è l’unico mezzo che hanno i figli per seguire la didattica a distanza della scuola pubblica.

Una situazione in partenza ben descritta dalla maestra Laura nel suo diario di scuola:

L’emergenza è una livella o come mai le donne non sono riuscite a connettersi

Dopo i primi giorni di sospensione delle attività abbiamo deciso di creare un gruppo Whatsapp di classe innanzi tutto per far sentire la nostra vicinanza alle donne e poi anche per mantenere unito il gruppo.

Purtroppo però non è stato facile raggiungere tutte e subito. Molte di loro in fase di iscrizione ci avevano lasciato i numeri dei mariti, alcune dei numeri errati, altre dei numeri a cui non risponde mai nessuno, ma piano piano siamo riuscite più o meno a contattarle tutte: ventisei su trentacinque.
 
Quando abbiamo annunciato che avremmo fatto lezione online erano entusiaste, ma poi il primo giorno si sono connesse solo in sette su Zoom, il secondo in quattordici su whatsapp.
Quindi ho iniziato a fare un giro di telefonate per cercare di capire il perché di questa scarsa partecipazione e le motivazioni sono state varie.

In quattro o cinque non erano riuscite a scaricare Zoom perché il telefono era troppo vecchio e non compatibile con l’ultima versione dell’applicazione. Due non erano proprio state in grado di farlo e mi hanno fatto contattare dai loro mariti che mi hanno chiesto spiegazioni. La maggiorparte però ci era riuscita, ma al momento poi hanno riscontrato dei problemi che ad alcune donne hanno impedito anche di fare lezione la volta successiva su whatsapp… Tipo?

Rose, Favour ed Eshoe, tre ragazze nigeriane che vivono in centri di accoglienza, mi hanno detto che hanno provato a connettersi, ma la qualità della rete era scadente, quindi nella conversazione Zoom apparivano e subito dopo scomparivano, mentre su whatsapp ricevevano i messaggi in ritardo e non riuscivano a seguire. Sui loro telefoni avevano finito i giga e, non avendo i soldi per ricaricare, erano collegate al wifi del centro, ma contemporaneamente lo erano anche molte altre persone.

E le donne arabe e bengalesi? Sento Priyanka, una delle studentesse più attive in classe e mi dice che avendo il figlio ventiquattrore su ventiquattro in casa, molto spesso deve lasciare il telefono a lui in modo che possa guardarci i video e giocarci! 
E le altre? Lo stesso motivo e non solo, i loro telefoni sono l’unico strumento che i figli hanno per seguire le videolezioni, per leggere i compiti e per eseguire quelli da svolgere online. Molte di loro hanno più di un bambino e i mariti sono tutto il giorno fuori, perché lavorano nei negozi di alimenti che ora sono gli unici aperti. 

Tutte vogliono esserci e mi dicono che faranno il possibile per partecipare.
Ed infine penso a Zahra, Rahima e Kachi, loro non hanno Whataspp, due hanno uno smartphone ma lo usano solo per le chiamate, visto che hanno grosse difficoltà a leggere e a scrivere.

In questi giorni ho sentito spesso gente che diceva che quest’emergenza è una livella, che ci mette tutti sullo stesso piano… beh, direi proprio di no!

Nonostante tutto, però, gli insegnanti hanno continuato e continuano a fare scuola, a studiare modi per coinvolgere tutte e tutti, in particolare coloro che sono più difficilmente raggiungibili, ma sempre contenti di sentire una voce amica che li rassicuri in un momento di fragilità come questo che stiamo vivendo.

Anche attraverso il confronto con associazioni e realtà che svolgono lo stesso lavoro, i maestri delle scuole di Asinitas stanno cercando giorno per giorno di trovare strumenti per andare incontro ai bisogni degli studenti che sono, ora più che mai, impauriti e spaesati, travolti da un flusso perpetuo di informazioni comunicate in una lingua che non di rado per loro è incomprensibile, nella speranza che si possa tornare al più presto a fare scuola con le mani e con i corpi.



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