30 Set Su Torpigna
RIFLESSIONI “ASININE” SUL QUARTIERE[two_third]Molti di noi abitano a Torpignattara. L’associazione lavora in questo quartiere dal 2005, con e per le persone di origine straniera, le donne e i bambini in particolare. Siamo stati 10 anni dentro la scuola Pisacane, l’abbiamo amata e difesa nei suoi momenti più difficili, quando è stata per ben 3 anni il terreno di scontro delle più basse derive ideologiche e razziste della nostra città, a dispetto della qualità pedagogica e dello straordinario pionierismo delle insegnanti e degli operatori che vi lavoravano, a dispetto della centinaia di bambini e famiglie che vi hanno trovato all’interno accoglienza e condivisione.
Torpignattara è un territorio sofferto, abbandonato dalle istituzioni, lacerato dalle trasformazioni repentine, da nicchie sempre più larghe di malavita, dallo sfruttamento, da una crisi economica che ha finito per metterla in ginocchio, dando spazio al degrado, al barbonismo, alla “malattia sociale”.
Noi pensiamo che il suo problema di fondo non sia il razzismo. Le persone che abitano il quartiere sono sempre più esasperate e impaurite ma non razziste. È proprio in questo territorio malandato che fioriscono straordinari episodi e nicchie di resistenza civica, tra italiani, tra stranieri, tra italiani e stranieri.
In anni di convivenza con le persone straniere di storie di discriminazione e violenza ne abbiamo ascoltate tantissime. Ma anche storie di amicizia, condivisione e solidarietà, di persone che nella fatica del vivere, ora si aggrediscono, ora si riconoscono, al di là delle nazionalità.
Le recenti tragedie ci hanno ferito profondamente poiché si tratta di un doppio lutto: per un uomo che dopo aver perso ogni cosa, ha perso la ragione e infine la vita e per un ragazzo di 17 anni, che ha perso la ragione e la cui vita non sarà più la stessa.
Non sono i primi.
Quando un sistema sociale è al collasso sono gli individui più fragili a renderne evidente la crisi, i primi a crollare, i primi a pagare per tutti. Torpignattara appare oggi una polveriera dove ciascuno vuol prendere le redini della protesta sociale, chi (i peggiori) per cavalcarla ai fini della propria carriera politica mettendo le mani nelle pance della gente, chi per dar voce alla propria esasperazione, chi per strumentalizzarla cercando di rafforzare e diffondere posizioni ideologiche più o meno estremiste. Qualcuno s’interroga ogni giorno su quale sia l’azione di mediazione sociale migliore, la strategia più giusta per ottenere l’attenzione delle istituzioni.
Siamo un’associazione del territorio, da anni lavoriamo accanto alle persone straniere, navighiamo nei conflitti, cerchiamo di sostenere ogni iniziativa territoriale che porti bellezza, cultura e incontro nel nostro quartiere. Continueremo a farlo, cercando di stare accanto a chi voce pubblica non ne ha, cercando di portare ancora più presenza e qualità nelle nostre pratiche, ma ancora di più mettendoci in rete con tutti coloro che intendono combattere il degrado con metodi non violenti, con tutte quelle forze dell’associazionismo e dei comitati che sentono la responsabilità della lotta per portare cultura, bellezza e servizi in un quartiere che potrebbe/dovrebbe essere la “perla interculturale” della nostra città. Ma soprattutto con chi è persuaso che i conflitti che attraversano il quartiere non siano di natura etnica alla loro radice, che è fondamentale ora abbassare i simboli, abbassare gli aspetti ideologici.
Pensiamo che il lavoro oggi sia cercare di tenere insieme gli opposti, rendendo sempre conto della complessità in campo, che non sia il momento degli schieramenti dietro facili parole d’ordine. Piuttosto ci sembra questo il momento di ritrovarci tra persone intorno a battaglie su oggetti molto chiari e concreti, per il benessere di tutti. Ritrovarci tra persone in iniziative culturali e sociali. Ritrovarci tra persone semplicemente per riprenderci con i nostri corpi le strade, le piazze, il verde. Ritrovarci tra persone per essere ascoltati, supportati dalle istituzioni, perché persuadere che Torpignattara sia un luogo su cui investire davvero in infrastrutture, servizi e cultura è sì un’azione politica. L’affermazione di una città plurale, interculturale, che valorizza le proprie radici, ma che è in grado di dare spazio a nuovi lingue e a nuovi linguaggi.
Non permetteremo agli amministratori della nostra città di mascherare dietro “il problema dell’immigrazione” l’incuria e la disaffezione con cui trattano l’appena periferia, alimentando irresponsabilmente “la guerra tra poveri” e lavandosene le mani.[/two_third]