
11 Lug Per Goffredo
Posted at 13:16h
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Per Goffredo
Goffredo, quando l’ho conosciuto, mi ha bastonata da dietro: “Utili idioti” – mi ha detto – “Ecco, cosa siete”. Si riferiva a “quelli del sociale”, che stanno sempre a fare e fare e mai si fermano a pensare.
Goffredo mi ha dato la casa dei senza casa. Mi ha dato il mio posto nel mondo. “Quasi ai margini”, non basta una vita per capire che significa. Mi ha dato la motivazione di Beckett: “Non posso continuare, continuerò”. Mi ha dato i maestri e le maestre: Capitini, Morante, Langer, Tolstoj, Camus, Don Milani, Freneit, Montessori, Pasolini e tanti altri tra i morti e tra i vivi, che da sempre hanno gravitato intorno alle riviste. Giovani dal bellosguardo, intellettuali più o meno riconosciuti. Tanto tu, Goffredo, sapevi stare a tavola allo stesso modo coi ministri, con gli studiosi, con i militanti, gli intellettuali, i borghesi, i barboni e con i re. Che l’IO è un impaccio, una truffa.
Mi hai dato le comunità di significato, “Che siano aree, non gruppi, per carità”.
Mi hai segnalato ciò che è vivo e ciò che è morto, ad esempio: la politica è morta, l’educazione è viva. (Ma non la scuola, sia chiaro).
Mi hai dato la mia stessa comunità, che si chiama Asinitas, come te, e che posso solo sperare sappia trarre da te la santa ostinazione che hai cercato di trasmettermi, fino all’ultima volta che ti ho visto, un mese fa.
Niente smancerie, non ti piacevano. Ma noi sappiamo cosa ci hai lasciato.
Un faro nella nebbia. Qualcuno di cui non vergognarsi mai. Il senso del sacro profondo negli occhi di un bambino, di un oppresso, di un animale, di un povero cristo.
Non voglio sentire nulla delle millemila parole che diranno su di te. L’avresti odiato, come tutte le celebrazioni. Ora vorrei solo il ricordo del tuo sorriso e della tua ironia su tutti noi, della tua crudezza lucida, senza sconti, del tuo sguardo buono. Nel nostro cuore, nel nostro spirito, che senz’altro hai formato e guidato con l’esempio, con la vita, con le piccole cose, con le tue le perle buttate qua e là, come fanno i maestri veri, i curiosi veri, i cercatori veri. Noi sappiamo in cosa trovarti. Hai seminato come nessuno. Ciascuno di noi sa cosa raccogliere.
“Non sono stato un buon maestro”, mi hai detto l’ultima volta che mi hai incontrata. Ti ho risposto: “Ma sei stato il miglior indicatore di maestri e maestre”. Su questo sei stato d’accordo. Un servitore di qualcosa di sacro. A ciascuno, oggi, il suo filo da tirare.
Buon viaggio, caro Goffredo. Tutto è perfetto, anche questo momento. Non ne avevi più tanta voglia di stare qui. Cercheremo di continuare a essere i tuoi occhi e i tuoi passi. Il paradiso deve essere una delle tue belle tavole col cibo semplice, l’imbarazzo, l’allegria e la poesia, i pensieri lunghi e i libri che circolano. E forse, ora, l’abbraccio dei tuoi “Alessandri” che tanto ti mancavano. Mi piace pensare così, che ti abbiano aspettato a braccia aperte.
In questa distanza, avevo provato a prepararmi a questo momento. È evidente che non ci sono riuscita.
L’ultima volta che mi hai visto mi hai detto: “Bestemmiando, bisogna morire”. Chissà se è andata così, se è bestemmiando che sei andato via, nella forma più forte di preghiera.
E questo, pure, l’ho imparato da te.
Cecilia Bartoli e Asinitas tutta.
